la Cappella del SS. Sac.to - PARROCCHIA DI SAN LORENZO - CAMPIGLIA MARITTIMA (LI)

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la Cappella del SS. Sac.to

storia
La Cappella del Santissimo Sacramento





Le origini. La data di costruzione della Cappella non è con precisione conosciuta. Esistono però argomenti che potrebbero farla risalire addirittura a prima del 1600. Si trovano sui registri parrocchiali dei defunti annotazioni marginali di questo genere: sepolto nella Cappella della Santissimo Sacramento. La prima data certa è quella che trovasi sulla iscrizione posta sopra la porta di ingresso, nella quale si legge che: "insieme con l'annessa chiesa propositurale questa cappella del Santissimo Sacramento fu consacrata dal Monsignor Ciani il 26 maggio 1726". Come è a tutti noto, la consacrazione di un edificio non ha sempre riferimento alla sua costruzione. In genere le consacrazioni venivano ripetute dopo importanti lavori di restauro, specialmente se detti lavori avevano riguardato l'altare, del quale anche solo fosse stata sostituita la mensa.
Tra i reperti più antichi che si possono vedere è all'ingresso il portale in pietra, costituito da due lesene che sorreggono un timpano e sull'architrave del quale sono scolpite le parole Cuius livore sanati sumus ( siamo salvati dalla sua morte ). Se si guarda attentamente questo portale, composto da elementi diversi, sembra stato collocato qui in epoca posteriore alla sua costruzione. Probabilmente ci troviamo di fronte ai resti di quella antica fonte con cui, secondo il Falchi, si costruì l'altare della Madonna delle Grazie. Poiché l'attuale altare della Madonna a tutto può assomigliare fuorché ad una "fonte smessa" credo attendibile che siano quelli del portale della Cappella i resti di cui si parla. L'altro reperto senz'altro più antico della cappella è il meraviglioso Crocifisso. Un'altra iscrizione ne racconta le vicende. Dietro l'altare una lapide commemorativa celebra la generosità di un certo Camillo Campigli che nel 1736 volle donare parte del suo orto alla Confraternita perché potesse costruire la piccola abside dietro l'altare, al fine di creare una intercapedine che salvasse dall'umidità il Crocifisso, che andava via via deteriorandosi.
Un accurato restauro nel 1988 servì a togliere dall'immagine gli stati di stucco e di colore con i quali, in epoca imprecisata, si era addirittura modificato la fisionomia della scultura lignea, oggi esposta alla venerazione dei fedeli e all'ammirazione dei cultori del bello, nel suo aspetto originario.
Entrando nella cappella colpiscono immediatamente la finezza degli ornati e dei dipinti di chiaro sapore barocco. Possiamo oggi datare queste decorazioni al 1856-57.
Durante il restauro rimuovendo lo scialbo che ricopriva l'intera volta è stata trovata la firma del pittore e la data relativa alla pittura. In un posto che non è visibile al visitatore, sopra la cornice più alta in prossimità dell'ingresso, si legge Francesco Macciò (ri)dipinse nell'anno 1857. Non è molto chiaro il senso di questo ridipinse, anche perché sotto l'attuale non si trova traccia di un'altra più antica decorazione. La volta, in un anno imprecisato ma successivo al 1933, venne improvvidamente imbiancata, rimanendo così nascosta per tutti questi anni fino al presente restauro. A giustificazione di questo fatto è da ricordare che era consuetudine, in occasione del Giovedì Santo, allestire in questa cappella il cosiddetto "Sepolcro" il quale per tradizione doveva essere rischiarato da 100 lumini ad olio e 170 candele; col tempo il nerofumo prodotto deve aver guastato il disegno al punto di suggerire quella drastica soluzione.
Il restauro - Ulteriori interventi danneggiarono il dipinto demolendone alcune parti, per cui l'opera di rimozione dello scialbo mise in luce un'originale che aveva molte lacune. D'accordo con la Soprintendenza fu deciso di tentare la ricostruzione della parti mancanti, giungendo al risultato che tutti voi potete vedere. Trovando una soluzione di compromesso si ricostruì tenendo conto della simmetricità delle decorazioni le sole parti architettoniche, lasciando delle parti con colorazione neutra in corrispondenza delle figure degli angeli e di altri elementi figurativi. L'argomento trattato dalle decorazioni è chiaramente quello che appartiene alla storia di questo antico oratorio, chiamato prima del SS. Sacramento, dopo di Misericordia, e nel quale particolarmente si venera l'immagine del Crocifisso.
Nelle decorazioni si trovano dunque entrambi i motivi: l'Eucarestia e la Passione di N.S. Il primo tema è trattato nei due gradi quadri sulla volta, quello sopra l'altare con l'ostensorio sorretto dagli angeli e quello sopra la porta in cui si scorge il pellicano, che secondo la leggenda, nutre col proprio sangue i piccoli affamati, chiaro è il riferimento a Cristo e all'Eucarestia.
Sopra le catene come appoggiati ad esse, racchiusi in una cornice a forma di scudo, otto angeli che sorreggono i simboli della passione. Altri due angeli quasi simmetrici a quelli dell'altare sopra la porta mostrano all'osservatore la colonna alla quale Gesù venne flagellato. Con la tecnica del trompe l'oeil sono realizzati piccoli giochi prospettici di balaustre e finestre, nonché un rosone centrale a mo' di cupoletta.
Sulle pareti divise da piccole lesene con modanatura a finto marmo, otto cornici a rilievo custodiscono altrettanti quadri raffiguranti scene della Passione di Gesù. Una nona, sopra la porta d'ingresso, incornicia la scena della cacciata dei mercanti dal tempio. A partire da destra possiamo vedere: l'ultima cena, il bacio di Giuda, la preghiera nell'Orto degli Ulivi, Gesù davanti a Pilato, la Flagellazione, Gesù coronato di spine, L'Ecce Homo, Gesù sulla via del Calvario.
Il lavoro di restauro ha messo in evidenza, sotto alcuni strati di imbiancatura, che in origine le cornici erano completamente dorate. Poiché il ripristino delle dorature avrebbe eccessivamente appesantito il tutto, fu scelta dalla Sovrintendenza la soluzione di dorare soltanto i contorni delle cornici stesse. Tra i vari strati di pittura rinvenuti sulle pareti posti in occasione di precedenti interventi, è stata poi preferita quella particolare tonalità di grigio, che ben si armonizza con il colore della volta. Grazie alla lapide che ho ritrovato dimenticata in un ripostiglio, possiamo chiaramente datare queste cornici ed i dipinti al 1856. La lapide ora murata appena all'uscita della cappella porta incisa questa iscrizione:
Questo sacello che dall'Ostia Propiziatrice e dal sodalizio della Misericordia s'intitola, abbelliva con molti ornati larga carità di benefattori. Decorava di nove dipinti la pecunia collettizia del popolo, deputati a raccoglierla Domenico Fedi e Antonio Riani. Traeva a compimento volgendo il solo anno 1856, l'obolo di tutti curanti Don Fiorenzo Rafanelli e Giovanni Battista Nelli.
Solenne l'architettura dell'altare, con le quattro colonne decorate a finto marmo e gli angeli dorati in atteggiamento di venerazione della sacra Immagine del Crocifisso (sec XVI). Uno di loro indica l'iscrizione posta in alto Fulget Crucis Mysterium, parole tratte da un antico canto Vexilla Regis, che ancora oggi viene intonato durante la processione del Venerdì Santo dai cantori della Confraternita, nel quale appunto si esalta la Croce, il cui mistero di morte e di vita rifulge per tutti gli uomini.
Le due piccole statue poste ai lati la fede (a sinistra) e la speranza, con la carità simboleggiata dal Crocifisso, ricordano al cristiano le tre virtù teologali.
I panconi di legno con inginocchiatoi a balaustra che circondano la cappella, ricordano ancora l'antico uso della cappella nella quale si riunivano i confratelli della Compagnia dei Disciplinati in Veste Turchina, poi diventata Confraternita del SS.mo Sacramento e di Misericordia. In questo Oratorio oltre a cantare l'Ufficio nelle solennità più importanti, i confratelli si riunivano per prendere le decisioni più impegnative circa l'attività caritativa svolta dal sodalizio.


La Cappella, chiusa per restauro nel luglio 1997, è stata benedetta e riaperta al culto nella solennità della Domenica delle Palme, il 28 marzo 1999.

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